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--- Il Burundi volta finalmente pagina ---

Tratto dal Televideo RAI il 6 Marzo 2005 - a cura di Rodolfo Fellini

Con una maggioranza schiacciante, gli elettori del Burundi hanno approvato la Costituzione, che apre una nuova fase nella vita politica del paese.

Il referendum, previsto inizialmente per il 20 Ottobre e rinviato 4 volte, si è svolto senza incidenti sotto l’egida delle Nazioni Unite. E’ stata la prima consultazione popolare dal 1993, anno dello scoppio della guerra civile.

E’ sostanzialmente fallito il boicottaggio promosso da alcuni partiti Tutsi: alle urne si è recato quasi il 90% degli aventi diritto. “Il voto ha aperto l’era della democrazia”, ha commentato il presidente Ndayizeye.

 

Cosa prevede la nuova costituzione

Il Governo provvisorio triennale ha sperimentato per la prima volta l’alternanza tra Tutsi e Hutu alla presidenza e la condivisione del potere.

Nel novembre 2001, il Tutsi Pierre Buyoya si insediava a capo dello Stato. Diciotto mesi dopo, veniva sostituito dall’Hutu Domitien Ndayizeye, in carica ancora oggi.

La nuova costituzione altro non fa che confermare la condivisione del potere tra le due etnie, mettendo fine alla storica egemonia dei Tutsi che con il 14% della popolazione hanno retto le istituzioni politiche e militari fin dall’indipendenza nel 1962.

Il testo approvato per referendum assegna il 60% dei seggi alla Camera agli Hutu e il 40% ai Tutsi. Tre seggi andranno alla minoranza Twa (1% della popolazione). La percentuale Hutu-Tutsi sarà invece 50-50 al Senato.

In futuro, anche il presidente e i suoi due vice saranno eletti a suffragio universale diretto. Le due etnie dovranno essere rappresentate tra le candidature alle massime cariche dello Stato: tale condizione dovrebbe aiutare a superare la logica dei partiti etnici.

Sia l’esercito sia la polizia dovranno essere composti da ambo le etnie in parti uguali.

 

Tra 4 anni l’esercito nazionale

L’inizio dell’anno ha segnato la nascita del nuovo esercito nazionale del Burundi, che sostituisce le vecchie forze armate dominate dai Tutsi. Della nuova struttura fanno parte i militari Tutsi e tutti gli ex miliziani dei gruppi di ribelli Hutu, tranne le forze di liberazione nazionali (Fnl) guidate da Agathon Rwasa, ancora attive nei dintorni della capitale Bujumbura.

Il processo di disarmo dei circa 55.000 miliziani che per 11 anni hanno devastato il paese è iniziato nei mesi passati. Il loro completo inserimento nel nuovo esercito richiederà, secondo le stime, dai 4 ai 5 anni.

Fonti governativo indicano in 18.000 il numero degli ex ribelli convertiti alla vita civile e accolti in appositi campi allestiti per il reinserimento. Negli ultimi tempi è però aumentata la protesta per le precarie condizioni nei campi: recentemente, tre ex miliziani sono morti di stenti in una struttura del nord-ovest del paese. Il campo, ideato per accogliere 900 persone, ne contiene oggi 3700.

L’Onu, che co-gestisce i campi, si difende dalle accuse di non aver nutrito gli ex ribelli asserendo che le sue mansioni consistono nel trasporto, in disarmo e la tutela della sicurezza.

 

Termina la transizione democratica

Entro il prossimo mese dovrebbe essere completata la transizione democratica, con le elezioni amministrative, politiche e presidenziali, ma un rinvio è dato per scontato. Il calendario elettorale prevedeva inizialmente che le comunali si svolgessero il 23 febbraio, quelle per la Camera il 9 marzo e le senatoriali il 23, mentre le presidenziali si sarebbero dovute tenere il 22 aprile.

Saranno eletti a suffragio universale diretto i membri della Camera e Senato. In futuro il sistema verrà esteso anche al capo dello Stato, che in questa tornata sarà nominato dai grandi elettori.

Le elezioni completeranno il ritorno allo stato di diritto, soppresso all’inizio della guerra civile, nel 1993.

Oggi il Parlamento è monocamerale e consta degli 81 membri eletti nel 1993 più 40 esponenti dei partiti minori e della società civile aggiunti nel 1998 per formare l’Assemblea transitoria.

Il Frobebu (Fronte democratico, Hutu) detiene la maggioranza assoluta (65 seggi su 121), seguito dall’Uprona (Unione progressista, Tutsi), con 16. Quest’ultimo partito esprimeva anche un vicepresidente, Alphonse Kadege, che si è dimesso prima del referendum, contestando la nuova Costituzione.

 

Sacche di guerriglia Hutu

Oggi il Burundi è quasi completamente pacificato: in 14 provincie su 17 le armi tacciono del tutto, e una tregua ad hoc ha consentito lo svolgimento pacifico del referendum costituzionale.

Soltanto attorno alla capitale, Bujumbura, si registrano sporadici combattimenti tra le forze governative e i ribelli delle Fln, le milizie nazionaliste Hutu di Agathon Rwasa.

Le Fln accusano il governo provvisorio di eccessiva sudditanza nei confronti dei Tutsi e dell’esercito. I negoziati di pace sono bloccati, dopo che le Fln hanno contestato la nomina a mediatore del vicepresidente sudafricano Zuma.

Altri 5 gruppi ribelli hanno firmato le intese di Arusha, che nel 2000 segnarono l’avvio della stagione della pace.

Le Fdd erano il maggior gruppo Hutu. Oggi, come partito politico e sotto la sigla Cndd, siede nel governo transitorio ed è stato tra i principali fautori della nuova Costituzione.

Oltre allo storico partito autoritario Uprona, la minoranza Tutsi può contare oggi su diverse formazioni sorte negli ultimi anni.

I partiti riconosciuti sono 24. Il governo che nascerà dal voto sarà quasi certamente frutto di una coalizione.

 

Un’economia allo stremo

L’economia del Burundi è tra le più arretrate del pianeta: il 94% della popolazione è addetta a un’agricoltura di pura sopravvivenza. Unici beni esportabili sono il tè e il caffè, il cui corso è condizionato dalle multinazionali e il cui commercio è in mano ai Tutsi. Quasi inesistenti industria e servizi. Il 68% della popolazione vive in povertà assoluta, con meno di un dollaro al giorno, e il rientro di circa un milione di profughi e sfollati ha accresciuto il numero degli assistiti. L’altissimo tasso di analfabetismo e l’incidenza dell’Aids (un adulto su 10) completano un quadro a dir poco desolante.

 

Breve cronistoria

1946 L’Onu affida all’amministrazione belga i territori di Ruanda-Urundi.

1958 Primo arrivo di profughi Tutsi in fuga dalle violenze in Ruanda.

1962 Il Burundi ottiene l’indipendenza con re Mwambutsa IV.

1963 Le violenze etniche mettono in fuga migliaia di Hutu verso il Ruanda.

1966 Il capo della polizia, l’Hutu Michel Micombero, depone il re e si auto-proclama presidente della Repubblica.

1972 Massacro di 150.000 Hutu dopo l’uccisione del deposto re Ntare V.

1976 Golpe del Tutsi Jean-Baptiste Bagaza, che nel 1981 instaura il regime di partito unico

1987 Golpe del Tutsi Pierre Buyoya. Segue un nuovo massacro di decine di migliaia di Hutu.

1992 Un referendum popolare reintroduce il multipartitismo.

1993 Elezioni politiche e presidenziali: vince l’Hutu Ndadaye, che sarà assassinato tre mesi dopo l’elezione dai paramilitari vicini a Bagaza.

1994 Assassinio del nuovo presidente Hutu, Cyprien Ntaryamira.

1995 Si intensificano i massacri etnici in tutto il Paese.

1996 Nuovo golpe di Pierre Buyoya.

1998 Varata una costituzione provvisoria, avviati i colloqui di pace.

2000 Prime intese tra il governo e i guerriglieri Tutsi.

2001 La maggiore milizia Hutu firma il cessate il fuoco. Nascono il governo provvisorio e la presidenza a rotazione.

2003 L’Hutu Domi tian Ndayizeye succede a Buyoya alla testa del Paese.

 

Notizie su internet

I maggiori siti operanti da Bujumbura sono:

www.abarundi.org portale generico in francese

www.burundirealite.org con notizie anche in inglese.

Governo: burundi-gov.org

L’agenzia stampa www.netpress.bi non ha aggiornato l’area delle news, ma resta un buon riferimento generico.

www.burundi-sites.com agenzia di stampa con sedei a Bujumbura, Bruxelles a N. York.

Portali panafricani: all’africa.com, www.irinnews.org (Onu) www.afrol.com

Portale in francese: www.grandslacs.net, www.arib.info esiliati in Belgio.

 

Carta d’Identità

Capitale: Bujumbura

Superficie: 27830 kmq

Popolazione: 7,2 milioni di abitanti

Aspettativa di vita: 41 anni

Crescita economica: -1,3%

Reddito p.c.: 100$ (Italia 21560 $)

Inflazione: +9,4%

 

Sieropositivi: 11,3% della popolazione

 

 

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